Domenica 3 febbraio 2008 – il cane da caccia

Domenica 3 febbraio 2008

Oggi ero di turno in un’aula a platea della facoltà di lingue in occasione dell’esame di Turco; il mio compito era quello di sorvegliare studenti di classi non mie che frequentano il dipartimento di Tedesco e che studiano come seconda lingua, appunto, il Turco. Mi annoiava da morire star lì a non far nulla per due ore di fila, tuttavia mi toccava farlo. Per ammazzare il tempo gironzolavo, sbirciavo tra i banchi, salivo e scendevo dagli scalini della mia sezione sull’ala destra, con lo sguardo austero, come se mi interessasse davvero controllarli mentre in testa mia in realtà pensavo “ma che copiassero pure, voglio solo tornare a casa!”. Trascinato dallo spirito di adattamento a quell’abietto ruolo, a ogni passo che percorrevo tra le file di esaminandi a testa bassa mi voltavo a destra e sinistra come un cane da caccia che fiuta il terreno in cerca di prede, a volte mi fermavo dietro di loro in cima all’aula, laddove si ha una visuale completa e si può approfittare della loro inconsapevolezza, un gesto vile il mio, attaccare alle spalle come un codardo, ma era l’unico modo per non soccombere al tedio. Ogni tanto sibilavo uno “shhh” minatorio, un “la” perentorio che in arabo vuol dire “no” o un “khalas” deciso che significa “basta”. I volti degli studenti erano quelli classici che si riscontrano ovunque, in giro per il mondo, durante gli esami; c’è sempre quello che si caga sotto, quello più sereno, quello sicuro di sé, quello che non gliene frega un cazzo, quello che è lì ma non sa perché, quello che vuole copiare a tutti i costi e quello che non suggerisce nemmeno l’ora. Per quanto riguarda le donne, potevo solo affidarmi ai loro sguardi, alle loro pupille dilatate o sorridenti, preoccupate o impassibili, perché tutt’intorno, il resto del loro viso, era ricoperto di stoffa di cotone lucida e nera, tesa come una tenda all’altezza del naso; di tanto in tanto, sollevavano il velo e lo sventolavano in modo raffinato per permettere dell’ossigeno di essere inalato dal basso; riflettevo che a fare l’esame, tra le studentesse, potrebbe esserci chiunque perché, a differenza delle mie ragazze del primo anno, che ormai riconosco anche a distanza, quelle presenti oggi non ho idea di chi siano. Beh, comunque non sono fatti miei.

Ogni tanto qualche studente alzava la mano per richiamare la mia attenzione e chiedermi chiarimenti sul compito, forse pensavano che fossi un assistente turco… purtroppo non so niente di questa lingua, “agglutinante”come il giapponese, che è totalmente diversa dall’arabo ed è contorta; l’ho studiata a Roma come seconda lingua, ma non ricordo proprio nulla, quindi anche volendo non avrei potuto in nessun modo aiutarli.

Attendere che le due ore si esaurissero è stato vero un supplizio, comunque ce l’ho fatta, quando gli ultimi studenti hanno consegnato in cattedra i fogli protocollo, ho tirato un sospiro di sollievo. Per oggi ho dato.

La bomba che ieri esplosa di fronte l’ingresso del campus, a quanto pare, è stata piazzata lì da un pazzo con problemi di famiglia e mi sentirei di aggiungere… pure di testa! Sembrerebbe che fosse indirizzata al fratello. Insomma, il tipo incriminato ha optato per la risoluzione pacifica di un alterco. Due morti e molti feriti. Mah.

Nel pomeriggio ho corretto gli esami di grammatica della prima: molti non hanno capito un cazzo delle preposizioni articolate, quelle maledette preposizioni articolate, il mio incubo! Non hanno capito (o studiato) pure altre cose… parecchi di loro saranno bocciati, purtroppo… purtroppo perché con tutta la mia buona volontà il voto che darò, seppur molto generoso, sarà lontano dalla sufficienza… dovranno ripetere l’anno. Fortunatamente molti altri mi hanno riempito di orgoglio e soddisfazione, a qualcuno spero di poter dare il massimo punteggio.

Ultima nota. All’internet point, che per fortuna è distante abbastanza dal luogo dell’esplosione, ormai sono un cliente fisso e mi trattano come un re, sarebbero capaci di fare alzare qualcuno per farmi sedere se non ci fosse posto. Oggi, per esempio, era pieno zeppo di gente. Solo un computer era libero ma la cuffia non funzionava bene. Non essendocene altre mi fa: “aspetta un attimo”, è uscito e qualche minuto dopo è rientrato, sorridente,: “tieni” mi dice. È andato a comprarne una nuova per me… che mito! Amo gli yemeniti!

37E6455F-C8A9-4B8B-894F-94314B998164

Domenica 3 febbraio 2008 – il cane da cacciaultima modifica: 2021-03-05T16:07:48+01:00da chumbawumba
Reposta per primo quest’articolo