Sabato 26 gennaio 2008 – assistenti di volo

Sabato 26 gennaio 2008

Nel pomeriggio mi hanno chiamato due ragazze filippine che ho conosciuto alcuni giorni fa, loro vivono qui perché lavorano come assistenti di volo della Yemenia. Ci siamo dati appuntamento alle 17.00 al bowling… sì, ancora una volta al bowling… ho accettato la loro proposta perché non mi andava di restare a casa e puntualissimo ero lì, all’interno del Fun City.

Bene, ora immaginatevi me in piedi, all’ingresso del parco, con le famiglie e i bambini felici che mi passavano intorno mentre stavo fermo ad attendere. Ci siete? Ok, nulla di strano fin qui. Di tanto in tanto davo un’occhiata al polso sinistro per controllare l’orario e allora si sono fatte le diciassette e dieci, poi e venti, e trenta, le diciotto.

Ammetto che mi stavo indisponendo e avevo la tentazione di sparire nello stesso modo in cui ero apparso, sono un rompicoglioni sulla puntualità e mi sentivo in imbarazzo a star lì inerte come uno sfigato, a guardarmi a destra e sinistra nella speranza di incrociare le loro sagome, per tutto quel tempo senza sapere cos’altro fare.

Il vento soffiava e, a ogni tic tac di lancetta che sfrecciava sul quadrante del mio orologio, si intensificava, sempre più forte, più prorompente della solita brezza yemenita, sembrava che anche lui volesse schernirmi, prendersi gioco di me in quel mio stato di solitario disagio, e così si dilettava a sollevare le polveri sottili, quelle che, in genere, riposano innocue sugli asfalti stinti di Sana’a o sui campi brulli e sabbiosi che si estenderebbero interamente sotto il sole dilatato della penisola arabica, se non fosse per quegli sparuti alberi di pepe che gli garantiscono qualche pallida chiazza di ombra. Quelle microscopiche e insidiose particelle volanti mi tartassavano gli occhi e le pupille e io mi riparavo come se fossi un beduino nel deserto con l’incazzatura di un toro alla corrida.

La temperatura era pure più rigida del normale, l’inverno seppur mite d’altronde esiste anche qui. Insomma, in questo stato in cui mi obbligavo a mantenere saldi i nervi che schizzavano impetuosi ogni volta che scorgevo l’orologio semicoperto dal maglioncino, le signorine sorridenti e indifferenti si sono presentate: “sorryyyy”, mi hanno bofonchiato con un tono irritante che alle mie orecchie rischiava di diventare incendiario. Sorry un cazzo avrei detto alle 19,00, dopo due ore di ritardo… credo che dalla mia faccia torva abbiano capito che non ero troppo accondiscendente, ma con un paio di bei respiri profondi, ho lasciato correre, “no problem, it’s ok.”. Ho messo da parte la stizza e ci siamo fatti la nostra partitella di bowling.

Alla fine del match mi hanno portato a cena. Dove? In un locale chiamato “Pizzaiola”. Già il nome mi puzzava, la parola Pizzaiola e la parola Sana’a l’una accanto all’altra rappresentano un ossimoro. Ecco, capitolo due. Se il ritardo mi indispone, il vento e la polvere negli occhi mi fanno irritare, mangiare la pizza in Yemen, pagandola pure il doppio, mi fa diventare pazzo.

Nel bel mezzo della serata, ci ha raggiunto un personaggio di stirpe italica, un loro amico sessantenne che avrebbe potuto benissimo rivestire il ruolo di protagonista in uno dei tanti film di Natale di Massimo Boldi e Christian De Sica con i suoi commenti aulici del tipo: “mhhh che belle zinne che hai”, “ammazza, c’ha una patatina questa qui…” il tutto riferito senza pudore in presenza delle ragazze che ridacchiavano, poiché ignare della lingua di Dante…

Io ero stanco e, a quel punto dopo cena, ero desideroso di precipitarmi a dormire, sono l’antigiovane per eccellenza, ne sono consapevole, da sempre, dalle scuole superiori e i balli del liceo. Ho fatto un bel sospiro e mi sono detto: va bene, Sergio, per questa volta abbi pazienza, non mostrare il tuo lato oscuro, quello antisociale, quello che se ne fotte delle esortazioni dei festaioli volte a ledere il tuo orgoglio di ventitreenne come “dai, andiamo non fare il vecchio che è presto!”, sì, esattamente, io voglio andare a letto presto, mi annoia star sveglio per andare a ballare. Va bene. Andiamo. Siamo andati a ballare al Movempick… e mi è costato circa 25 euro, ossia un sacco di soldi qui per un poveraccio come il sottoscritto. Ma sì, dai, per una volta si può… per una volta sì… no, rinnego me stesso e rimpiango il momento in cui ho detto di sì a quest’uscita di merda.

2017-03-09

Sabato 26 gennaio 2008 – assistenti di voloultima modifica: 2020-11-29T18:44:41+01:00da chumbawumba
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