Venerdì 25 gennaio 2008 – dietro a un pallone

Venerdì 25 gennaio 2008 

Giornata di festa ma, come spesso accade, sfrutto la mia libertà settimanale del youm al-jum’a, ossia il venerdì, per pulire casa in maniera più corposa. Niente escursioni o attività turistiche in mattinata, dunque. Alle 15,30, invece, mi sono avventurato verso casa di F., che è un altro siciliano (dell’altro lato dell’isola, lui è di Termini Imerese) che lavora in ambasciata e vive in Yemen da qualche anno. Con la sua auto, ci siamo incamminati verso Hadda Villas. Si tratta di un residence sulla Hadda Street. Perché? Ovviamente perché c’è un campo di calcetto che, manco a dirlo, è molto scrauso, ma considerando che né io né F. siamo pretenziosi, va più che bene! Abbiamo giocato per quasi un paio d’ore, mi è sembrato come quando, da bambino, giocavo a oltranza nella strada più larga nei pressi di casa mia al Plemmirio, allora non era il sole tramontante a fermarmi, allora giocavo sino allo sfinimento, giocavo finché non udivo un fischiettio in lontananza la cui melodia era sempre identica e ripetuta più volte “fi fiuuuu, fi fiuuuu, fi fiuuuu”: era il richiamo di mia madre che reclamava il mio ritorno a casa dopo le tre ore filate di pallone con gli amici e una gran sudata che rendeva i miei indumenti bagnati come se avessi fatto un bagno al mare. Per la cronaca, oggi pomeriggio ho segnato due goal e me ne sono mangiati qualcosa tipo 197. Diciamo che ultimamente non sono proprio un bomber, i bei tempi di quando giocavo a calcio nella juniores del Siracusa disputando le partite con orgoglio allo Stadio “De Simone” sembrano distanti anni luce, i tempi in cui alcuni compagni di squadra mi chiamavano Sergione Gazzella perché correndo sulla fascia sembrava che saltassi con l’ampia falcata delle mie gambe longilinee e magre, i tempi in cui ero sempre titolare, terzino destro o centrale di difesa, con la maglietta che di solito esibiva il numero due e i miei genitori che non mancavano nemmeno una partita, anche quelle in trasferta nei paesi più disparati della Sicilia, come se fossero degli ultras, sì erano dei bei tempi quelli. Spesso giocavo di sabato, così uscivo da scuola in anticipo, indossando con fierezza la tuta del Siracusa, a casa della nonna c’era il semplice piatto di pasta con la salsa che mi attendeva, c’era la tensione allo stomaco del pre-partita e le battute con i compagni di squadra che erano pure amici, c’era il borsone, i pantaloncini e le scarpe con i tacchetti, c’era il riscaldamento e la difficoltà a spezzare il fiato, c’erano i nostri occhi attenti alle indicazioni del mister nello spogliatoio che svelava chi avrebbe giocato e con quale disposizione in campo, c’era la distinta dell’arbitro che, nel silenzio generale cosparso di paura e agonismo, con un foglio in mano e lo sguardo austero elencava i cognomi dei giocatori, “Russo”, diceva, e io rispondevo mostrando la mia schiena “Sergio, due”, c’erano gli orecchini di cocco nero che dovevo togliere prima di entrare in campo, c’era l’ingresso in campo e gli applausi, c’era il fischio dell’arbitro quando eravamo disposti in riga al centrocampo e con un braccio alzato salutavamo quelle sparute decine di persone che, in quella tribuna dispersiva, sembravano essere ancora meno di quante fossero realmente. Sono passati già sette o otto anni da allora e non gioco più in un campo a undici dal 2002, anche se ci penso sempre. Pian piano sto recuperando un minimo di forma ma il tendine della coscia tira un po’, tanto che dopo la partita ho dovuto mettere il ghiaccio… è un po’ infiammato probabilmente. Ora sono stanco morto e felice, come quando giocavo con i miei amici…

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Venerdì 25 gennaio 2008 – dietro a un palloneultima modifica: 2020-11-22T17:58:32+01:00da chumbawumba
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