21 Gennaio 2008 – a pranzo lenticchie!

Lunedì 21 gennaio 2008

Oggi avevo una sola lezione con la seconda al mattino, dalle 9 alle 11. Appena ho completato le mie due ore, come sempre, ho percorso a piedi il viale interno al campus che collega la facoltà di lingue all’area delle residenze. Al mio fianco sparute auto e camion sovietici verde militare transitavano sulla strada; di fronte a me, sulla mia via, incrociavo ragazzi con i libri in mano e gli sguardi allegri che scherzavano tra di loro, poi gruppetti misti di ragazze in niqab e in hijab che, gesticolando, erano assorte tra mille chiacchiere, di alcune potevo scorgerne il sorriso, di altre soltanto gli occhi e le pupille che riuscivano tuttavia a comunicare i loro stati d’animo. Tutti mi osservano con un pizzico di curiosità, comprendono che non sono del posto, probabilmente si chiedono cosa ci faccia un europeo qui, dentro questo campus universitario. Il vento, di tanto in tanto, sollevava dei piccoli vortici di polvere e sabbia nelle vaste aree ancora prive di edifici e scarne di vegetazione che mi circondano, scuoteva gli alberi del pepe smuovendo le loro ombre rigogliose, portava a spasso gli aromi di cibo e spezie del piccolo ristorante del campus e di quelli esterni. Mentre passeggiavo con gli occhi contemplanti tra paesaggi e pensieri, notavo che l’aria in questi giorni è diventata più frizzante ma il sole appeso in quel cielo ceruleo è sempre brillante e bollente; riflettevo, come mi capita spesso, sul fatto che mi trovo in un paese così distante dal luogo in cui sono nato e che sto vivendo un’esperienza irripetibile che non dimenticherò mai, un’esperienza che un giorno potrò raccontare. Mi sento appagato dall’opportunità che mi è stata concessa, stare qui e fare quel che faccio mi riempie di orgoglio ed energia.

Prima di rientrare nel mio appartamento, sono passato dalla piccola baqala, il mini market che è situato a poche centinaia di metri da casa, proprio alle spalle della piccola moschea. Ho comprato delle uova (che qui sono solo bianche!), la pasta “Regina”, del tonno, delle carote, del sedano e del pane arabo, quello conservato in bustine di plastica dove ne sono contenuti circa dieci pezzi.

Avevo intenzione di preparare una zuppa di lenticchie, così mi sono sistemato su un lato del tavolo della mia cucina, vi ho sparso le lenticchie sopra, ho poggiato uno scolapasta sulle mie ginocchia e ho cominciato a selezionare quelle buone, scartare quelle rovinate e gli insidiosi sassolini che vi si nascondono. Mentre ero intento in quel processo di cernita, è apparsa nella mia mente, come una nitida fotografia a colori, l’immagine del passato, un ricordo di quando ero un bambino, di quando dalla cucina della nostra casa al Plemmirio mia madre mi domandava se avevo voglia di aiutarla a preparare le lenticchie. Sapeva che non avrei rifiutato l’offerta, no, perché mi piaceva essere coinvolto in cucina, sapeva che ero attento e avrei fatto quel lavoro minuzioso con pazienza e accuratezza. A stento arrivavo al tavolo, ma spulciavo uno per uno quei chicchi marroni per poi mostrarle, alla fine, ammassati in un angolo, tutti i sassolini e le lenticchie con colori discutibili che avevo scovato, così lei si compiaceva con me, ed era quello che volevo in fondo, perché dopo quel lavoro desideravo ricevere i suoi complimenti. Ho sorriso timidamente mentre con le dita facevo precipitare le lenticchie buone sullo scolapasta. Alla fine mi sono pure detto: “bravo Sergio, ottimo lavoro!”. Le zuppe di lenticchia di mia madre sono comunque più buone, non c’è niente da fare.

Nel pomeriggio, mi sono abbandonato all’ozio concedendomi un pisolino, poi mi sono avventurato nella traduzione di qualche pagina del Filosofo della Quarantena, Wajdi al Ahdal è un genio.

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21 Gennaio 2008 – a pranzo lenticchie!ultima modifica: 2020-10-04T16:49:01+02:00da chumbawumba
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