Quanti di voi hanno mai sentito parlare dello Yemen? Avete presente quel paese relegato in un angolo a sud-ovest della Penisola Araba?

Il paese della regina di Saba, quello di cui si racconta nella Bibbia, per intenderci. Il cugino sfigato tra i ricchi e potenti stati del Golfo, seppure il più affascinante di tutti, il più ammaliante.

Forse negli ultimi anni avrete letto qualche sporadico articolo sulla guerra che lo sta deturpando, rendendolo ancora più povero di quanto già lo fosse. Una guerra che lo sta stremando, uccidendo lentamente. In effetti se ne parla poco, troppo poco. La verità è che in quella lingua di terra, i santi occidentali non hanno interessi tali da urlare al mondo quanto tutto ciò sia disumano. Per i media è solo una guerra di serie B, una delle tante. Che sarà mai se migliaia di persone stanno morendo di fame, in fondo? Si tratta di una guerra che non sfiora i governanti di quei paesi democratici dai nobili costumi, i paladini della giustizia e della civiltà, in questa occasione, si grattano bellamente i coglioni, lasciano correre. Nessun intervento, nessun ordine di fermarsi, nessun ultimatum, nessun rischio di attacchi con armi chimiche.

Io lo Yemen l’ho vissuto nel 2007, 12 anni fa, prima che questo scempio lo gettasse in un baratro di miseria e disperazione. Voglio raccontarvelo nei tempi in cui il sole brillava sempre e gli aridi altopiani si tingevano di un tenue rosso. Voglio raccontarvi di un paese senza tempo.